giovedì 2 settembre 2010

Supermarina



Supermarina indicava convenzionalmente il Comando superiore della Marina, il vertice della gerarchia navale. Supermarina infatti dipendeva direttamente dal Comando Supremo delle nostre forze armate e aveva al suoi ordini l'intero apparato guerresco della Marina, con il compito primario di promuoverne e dirigerne, a livello strategico, tutte le operazioni belliche in Mediterraneo e negli oceani ". In altre parole, Supermarina era il cervello e la flotta le braccia della Marina Militare in guerra.
L'idea di centralizzare il comando delle forze navali e di istituire una centrale operativa dalla quale venissero emanati tutti gli  ordini ai reparti e alle formazioni dipendenti, stabilendo movimenti, dirigendo le battaglie, decidendo quando le unità dovessero uscire in mare e quando, trovandosi in navigazione, toccasse invece loro di rientrare venne quando la sviluppo delle telecomunicazioni e della radio mise le forze armate in condizioni di fruire di una massa tale di informazioni, e di disporne a una tale velocità, da far saltare agli occhi la necessità di avviarle verso un unico centro, per utilizzarle immediatamente e con organicità.
Ciò valeva a rovesciare il vecchio concetto del comandante di marina responsabile di sé e dei propri atti, e autonomo di decidere secondo la propria iniziativa: e naturalmente fu causa di contrasti e frizioni da parte di chi si riteneva esautorato o privato della facoltà di decidere, da parte chi non poteva avere " il polso " diretto della situazione. Ma la guerra moderna esigeva una innovazione simile, del resto attuata da tutte le principali Marine del mondo.
La sede di Supermarina fu a Roma, in locali appositamente attrezzati del ministero della Marina, sul lungotevere Flaminia. Nei sotterranei era stata approntata anche una sede sussidiaria nell'eventualità che le incursioni aeree ne rendessero necessaria l'utilizzazione.
Quando poi Roma venne dichiarata città aperta, Supermarina si trasferì in alcune baracche costruite nei pressi della stazione radiotelegrafica sotterranea della Marina, in località Santa Rosa sulla via Cassia, circa venti chilometri distante dalla capitale.
Rimase in funzione fino al 12 settembre (quindi per ben quattro giorni dopo l'armistizio e l'occupazione di Roma da parte dei tedeschi) e riprese in certo qual modo le sue funzioni a Brindisi, dove si era trasferito il capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio De Courten, con il governo del maresciallo Badoglio.
Supermarina, va anche precisato, era entrata ufficialmente in servizio il 1 giugno 1940, Chi ne era a capo? Gerarchicamente, toccava al capo di Stato Maggiore della marina, nel 1940 l'ammiraglio Domenico Cavagnari. Ma poiché egli era anche il sottosegretario alla Marina (e in pratica il ministro, perché il titolare, Mussolini, aveva troppe incombenze per occuparsi direttamente del dicastero), capo di Supermarina era in effetti il sottocapo di Stato Maggiore.
Tale carica fu ricoperta, durante la gestione Cavagnari, dall'ammiraglio Somigli. In seguito, quando a Cavagnari succedette l'ammiraglio Arturo Riccardi (il 10 dicembre 1940), sottocapo di Stato Maggiore divenne l'ammiraglio Inigo Campioni, che aveva comandato la flotta in mare a Punta Stilo e a Capo Teulada. infine, negli ultimi due anni di guerra, allorché a capo della flotta in mare fu prima l'ammiraglio Angelo lachina e poi l',ammiraglio Carlo Bergamini, divenne sottocapo di Stato Maggiore l'ammiraglio Luigi Sansonetti.
Come funzionava Supermarina? il " cervello " era diviso in varie sezioni, ad ognuna delle quali presìedevano ufficiali specializzati nei settori specifici: decrittazione, movimenti strategici, comunicazioni ecc. Come scrive ancora l'ammiraglio Bragadin, " ... il suo vertice era costituito da un'ampia sala dove, mediante grandi carte geografiche murali, su cui si appuntavano sagomette distinte dal nome di ciascuna nave, era rappresentata la situazione, in mare e nei porti, nostri ed avversari, per le valutazioni e le decisioni dei capi."
A questa sala giungevano tutti i messaggi sulle mosse dei nemico e sullo stato della nostra flotta e di là, in accordo con il Comando Supremo, partivano gli ordini di combattimento e si decidevano le mosse che avrebbero dovuto compiere le unità impegnate. In realtà dunque era questo " brain trúst " ad avere la funzione strategica delle operazioni in mare, mentre gli ammiragli a bordo delle navi  diventavano degli esecutori a cui restava affidata quasi unicamente la parte tattica dell'azione.
Come si e detto, ciò non riusciva certo gradito a taluni, in qualche caso anche a ragione; e fu questo uno dei difetti, del resto ineliminabili, della costituzione d'un comando centralizzato qual era appunto Supermarina. Per la raccolta dei messaggi e la comunicazione degli ordini, Supermarina usava, previa doppia cifratura, la vastissima rete radiotelegrafica propria della marina.
Quando si trattava di trasmettere notizie o disposizioni urgenti personali ai comandanti della flotta, ci si serviva di linee dirette in telefonia segreta, cioè non intercettabili perché in ," telearmonica ". Queste linee collegavano Supermarina con tutti i comandi marittimi della penisola e della Sicilia; con le navi ammiraglie a La Spezia, a Napoli, a Taranto: con Superaereo (la stessa cosa di Supermarina per quanto riguardava l'Aeranautica); con il Comando Supremo e con Mussolini.
La segretezza era pressoché assoluta e infatti, durante la guerra, la fuga di notizie per quanto si riferisce a Supermarina si verificò solo nelle occasioni in cui i suoi ordini dovettero essere preventivamente comunicati ad altre autorità o comandi, o agli alleati tedeschi. Purtuttavia si sapeva che invece le spie fasciste dell'OVRA erano riuscite a inserirsi sulla rete telefonica segreta: ma si sperava che gente fascistissima al punto da arruolarsi nell'OVRA non fosse, nel contempo, anche agenti doppi, al servizio dei nemico...
Infine, va detto che da Supermarina i collegamenti vennero estesi al comando dei nostri sommergibili in Atlantico, alle navi dislocate nel Mar Rosso e in Cina, ai Mas trasferiti sul lago Ladoga per partecipare all'assedio di Leningrado, a quelli trasferiti nel Mar Nero per le operazioni contro Sebastopoli, alle petroliere in navigazione per e dalla Romania e ai piroscafi che si recavano in Giappone ad effettuare prelievi di materiali di importanza strategica.
Gli ufficiali di turno nella      "sala comando" di Supermarina prestavano servizio dodici ore consecutive per turno. Là si vissero ore terribili nella notte in cui cominciavano a giungere da Taranto, l' 11 novembre 1940, le notizie sul tremendo attacco degli aerosiluranti inglesi alla nostra flotta all'ancora: attacco di cui non era stata anticipata nessuna informazione, che ci colse in pieno di sorpresa, e che si concluse con esito disastroso, ossia con perdite equivalenti (e superiori) a una grande battaglia navale perduta. Era mezzanotte, a capo del turno stava l'ammiraglio Ferreri che mandò subito a chiamare gli ammiragli Cavagnari e Somigli, i quali abitavano a poche centinaia di metri. Insieme, in uno stato d'autentica angoscia, senza possibilità di modificare gli eventi, ascoltarono la notizia dell'affondamento delle nostre tre corazzate Littorio, Cavour  e Duilio ", ciò che significava per gli inglesi da quel momento il dominio dei Mediterraneo.
Lo stesso avvenne a un anno di distanza, il 28 dei mese di marzo 1941, giorno funesto alla nostra Marina. Fu allora che a Capo Matapan, nelle acque di Creta, in uno scontro notturno ad armi impari perché la nostra squadra era priva dei radar e combatteva alla cieca nelle tenebre contro gli inglesi che il radar invece lo avevano e sparavano come al tiro a bersaglio, subimmo la piu' grave sconfitta in mare dell'intera guerra. Perdemmo gli incrociatori " Fiume ", " Zara " e " Pola ", e i cacciatorpediniere " Alfieri " e "Carducci ".
Fu un durissimo colpo, una immane tragedia che dimostrò in quali condizioni di inferiorità combattevano le nostre navi nel Mediterraneo. Solo allora scoprimmo che gli inglesi avevano il radar e, quel che è peggio, scoprimmo che lo possedevano anche i tedeschi i quali ce lo avevano tenuto rigorosamente nascosto. Tuttavia dopo la guerra qualcuno rivelerà che, ad onor del vero, i tedeschi un apparecchio ce lo avevano inviato, ma che noi lo avevamo sempre tenuto in magazzino, senza nemmeno montarlo, giudicandolo inutile.
Come si è detto, tra polemiche interne e frizioni a livello di comandi, Supermarina continuò la sua opera per l'intera durata della guerra, riportando anche notevoli successi che solo l'ottusità del nostro Comando Supremo non utilizzò per quanto valevano. Per esempio, Supermarina chiese invano all'inizio dei conflitto che si occupasse Malta, allora indifesa: e si vide poi quanto quella mossa, se attuata, avrebbe influito sull'esito della guerra in Mediterraneo.
E sempre Supermarina, al crollo della Francia, suggerì di occupare alcuni porti della Tunisia per garantire la sicurezza del vitale Canale di Sicilia: inutilmente. Né le si diede retta quando documentò l'errore di spingersi oltre El Alamein in Africa Settentrionale senza aver prima conquistato Malta, così come rimase inascoltata la segnalazione (data con mesi dí anticipo) che gli angloamericani si accingevano a sbarcare in Algeria e in Tunisia.
Vano (e più grave come conseguenze) il preavviso, sempre di mesi, che gli alleati stavano per per sbarcare in Sicilia e addirittura che avrebbero preso terra a Gela e ad Augusta, e non in Sardegna come ritenevano i nostri comandi.
Quasi per contraccambio, nessuno si curò, l' 8 settembre 1943, di avvisare Supermarina che era stato firmato l'armistizio e che cessavano le ostilità. Supermarina lo apprese dalle sue :intercettazioni radio alle 18.20 di quel giorno, con l'impossibilità di tempestivi preavvisi alla flotta; dei resto ciò non deve destare meraviglia in un Paese che era entrato in guerra senza minimamente preoccuparsi dei destino della sua flotta mercantile, perdendone subito oltre i due terzi, bloccati nei porti stranieri, per non aver pensato di dare disposizionì per far rientrare in patria in tempo quei piroscafi. In pochi minuti, quella sera fatale, Supermarina dovette prendere decisioni di importanza capitale e comunicarle al comandi dipendenti.
C'era, soprattutto, da far rispettare la clausola armistiziale in base alla quale la nostra flotta avrebbe dovuto raggìunqère la base inglese di Malta. Si temeva che potessero esservi casi di coscienza gravi e comprensibili, disubbidienze drammatiche, autoaffondamenti.
Sì intercalarono alcune delicatissime telefonate con l'ammiraglio Bergamini, comandante della flotta in mare: e si riuscì a far salpare tutte le unita' dai porti dov'erano all'ancora e a mantenere l'impegno, anche se i tedeschi centrarono la nostra corazzata «Roma», l'ammiraglia, con un missile teleguidato, affondandola durante la navigazione, causando anche la morte dello stesso ammiraglio Carlo Bergamini e di quasi duemila marinai.
Dopo l'armístizio, l'ammiraglio De Courten fece in modo di dar vita a Brindisi a un organìsmo che, se non proprio poteva dirsi Supermarina, ne avesse almeno le caratteristiche e valesse a mantenerne in efficienza i servizi.
Quanto alla sede romana dí Supermarina, dopo essere rimasta in attivitá fino all'otto settembre nelle baracche della via Cassia (accanto alle quali, sìa detto tra, arentesi, si trovava il comando tedesco di collegamento con la Marina Italiana), si trasferì nei vecchi uffici presso il Ministero dove rimase fino al 12 settembre.
A quella data, come scrive Bragadin, « ... fu solo a Supermarina - tanto per citare quaiche caso - che il Re e Badoglio, e perfino il ministro degli Interni, poterono rivolgersi per avere notizie delle vicende in corso nel Paese; e che i tedeschi, dopo molte ricerche, trovarono un comando militare ancora in funzione, capace di ricevere l'intimazione per la consegna della città, e poi, per trattare le modalità del loro ingresso nella capitale.

Domenico Caselli
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