mercoledì 1 settembre 2010

Come di arrivò all' 8 settembre 1943 (note)

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Tratto da:
Francesco Mattesini
Come si arrivò all'8 Settembre 1943
(note del testo)
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(1) D. Graham e S. Bidwell, La battaglia d’Italia 1943-1945, Milano, Rizzoli, 1986, p. 19.
(2) I sette documenti erano: "l’armistizio corto", firmato e con aggregate le condizioni aggiuntive del "Memorandum di Quebec"; una copia dell’"Armistizio lungo", che definiva in termini ben più restrittivi, le condizioni firmate nell’Armistizio corto; le istruzioni per la partenza della flotta italiana per raggiungere Malta i gli altri porti sotto controllo alleato (Promemoria Dick); le istruzioni riguardanti il trasferimento degli aerei italiani nelle basi della Sicilia e del Nord Africa (Promemoria Cannon); un promemoria del generale Alexander sul comportamento che le forze armate italiane avrebbero dovuto tenere contro i tedeschi al momento della proclamazione dell’armistizio; un promemoria per il Servizio Informazioni (S.I.M.); le disposizioni per l’operazione "Giant Two", che concernevano l’impiego della 82^ Divisione aviotrasportata statunitense nella zona di Roma. 
(3) Gran parte dei documenti citati nel presente saggio si trovano in Francesco Mattesini, La Marina e l’8 settembre, I Tomo Le ultime operazioni offensive della Regia Marina e il dramma della Forza Navale da Battaglia, II Tomo Documenti, edito da Ufficio Storico della Marina Militare, Roma 2002.
(4) Archivio Ufficio Storico Esercito (d’ora in poi AUSE), Relazione del generale Vittorio Ambrosio, datata 15 dicembre 1943, fondo Difesa di Roma.
(5) Archivio Ufficio Storico Aeronautica (da ora in poi AUSE), Relazione del generale Renato Sandalli, datata 12 gennaio 1944.
(6) G. Castellano, La guerra continua, Milano, Rizzoli, 1963, p. 156.
(7) AUSE, Stato Maggiore Generale - Ufficio Operazioni, Armistizio con le Nazioni Unite, datato 20 settembre 1944, fondo Difesa di Roma, b. 2997/A.
(8) G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 102 sg.
(9) AUSE, Relazione del generale Ambrosio, cit., p. 61-63; Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, parte II, capitolo 3°, p. 58, fondo Difesa di Roma.
(10) G. Castellano, Roma Kaput, cit., p. 77 sg.
(11) AUSA, Relazione del generale Sandalli.
(12) Ibidem.
(13) G. Santoro, L’Aeronautica italiana nella seconda guerra mondiale, vol. 2*, Roma, Esse, 1959, p. 569.
(14) AUSA, Relazione sull’attività svolta dall’8 settembre 1943 al 31 maggio 1945, fondo Carteggio Generale Santoro.
(15) Archivio Ufficio Storico Marina Militare (da ora in poi AUSMM), Ordini emanati dallo Stato Maggiore della Regia Marina prima, all’atto e dopo l’armistizio in relazione alle comunicazioni e agli ordini del Capo di S.M.G.: relazione dattiloscritta di 15 pagine, senza firma, datata 12 febbraio 1947 (da ora in poi citata Relazione ammiraglio de Courten). Un'altra copia della relazione, questa volta firmata e riportata dall’autore nel 2° Tomo dell’opera La Marina e l’8 settembre, si trova in AUSE, Discriminazione Ufficiali della Regia Marina, fondo L 13.
(16) AUSMM, Relazione sugli avvenimenti post-armistiziali, fondo Archivio Seg. XXV, Titolo E, Collezione H.
(17) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235.
(29) F. Stefani, 8 settembre 1943. Gli armistizi dell’Italia, Milano, Marzorati, 1991, p. 167.
cercando di evitare che le batterie contraeree italiane e tedesche sparassero sui velivoli da trasporto in avvicinamento, e neutralizzando i radiolocalizzatori tedeschi. Dovevano essere distrutti anche depositi di carburante e di munizioni tedeschi.
(30) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2236
(31) La 82^ Divisione (generale Matthew Ridgway) acquartierata in Sicilia, presso gli aeroporti di Gela, Licata e Comiso, aveva un organico di circa 10.000 uomini, ripartiti nei reggimenti paracadutisti 504°, 505°, nel 325° reggimento aviotrasportato, in tre battaglioni di artiglieria campale, un battaglione di artiglieria contraerea, due battaglioni del genio e reparti ausiliari. Per il trasporto aereo erano disponibili i due stormi (Wings) 51° e 52°, con circa 160 bimotori C.47 e un centinaio di alianti CG.6. I cento cannoni anticarro, i sedici carri armati dell’813° Battaglione, assieme alle truppe del 319° Battaglione aviotrasportato e a una compagnia del 504° Reggimento di fanteria paracadutista, dovevano arrivare via Mare, imbarcati a Biserta su una nave da sbarco LST e su tre mezzi da sbarco LCT., al comando del colonnello J. Bertsh. I cento aerei da caccia sarebbero arrivati a Ciampino dalla Sicilia, assieme a due bimotori Whitley che portavano le apparecchiature tecniche di guida e controllo, inclusi gli apparati IFF. Infine, il sommergibile britannico Simoon (tenente di vascello D.G.D.N. Miller) era partito da Algeri il 3 settembre per dislocarsi al largo di Ostia con l’incarico di fare da radiofaro per gli aerei che avrebbero trasportato la 82^ Divisione per quattro notti di seguito. Secondo i piani, nel corso della prima notte sarebbe arrivato a Roma, al comando del colonnello Reuben H. Tucker, il 504° reggimento di fanteria paracadutista (meno il 3° Battaglione), e unità di supporto dotate di cannoni anticarro. Nella seconda notte sarebbe seguito il 505° Reggimento di fanteria aviotrasportata del colonnello James Gavin, e quindi nelle altre due notti i restanti reparti della divisione. Da parte italiana erano disponibili nella zona di Roma le divisioni di fanteria Granatieri di Sardegna, Sassari e Piacenza, la Divisione motorizzata Piave, e le divisioni corazzate Arete e Centauro, il tutto con una notevole componente di uomini, di artiglieria e ben trecentocinquanta tra carri armati e cannoni semoventi, senza contare gli autoblindo e gli altri mezzi da combattimento. Si aggiungevano, per la protezione degli aeroporti di Cerveteri e Furbara, in cui si trovava il 3° Stormo Caccia, la Divisione di fanteria Lupi di Toscana ed elementi della Divisione di fanteria Re, quantificati in due battaglioni. Inoltre la 220^ Divisione costiera difendeva la foce del Tevere e le zone limitrofe.
(32) E. Musco, La verità sull’8 settembre, Milano, Garzanti, 1965, p. 70.
(33) F. Stefani, 8 settembre 1943. Gli armistizi dell’Italia, cit., p. 100.
(34) Ufficio Storico Esercito, Le operazioni delle unitàitaliane nel Settembre-Ottobre 1943, Roma, 1975, p. 63-67.
(35) Per orientare Castellano sul comportamento che avrebbe dovuto tenere nei colloqui di Cassibile con gli Alleati, il 30 agosto il maresciallo Badoglio aveva consegnato al generale un pezzetto di carta in cui aveva scritto di suo pugno le seguenti note: "1) Riferirsi all’appunto [del ministro degli Esteri Guariglia, altro documento consegnato a Castellano - N.d.A.]. - 2°) Per non essere sopraffatti prima che gli inglesi possano far sentire la loro azione noi non possiamo dichiarare accettazione armistizio se non a sbarchi avvenuti di almeno 15 divisioni, la maggior parte di esse tra Civitavecchia e la Spezia. - 3°) Noi possiamo mettere a disposizione i seguenti campi d’aviazione… - 4°) La flotta va alla Maddalena; sapere l’epoca pressappoco per prepararsi. - 5°) Protezione del Vaticano. 6) Restano a Roma il Re, Principe Ereditario, Regina, Governo e Corpo Diplomatico. - 7) Questione prigionieri. Cfr., G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 78-80.
(36) G. Castellano, Come firmai l’armistizio di Cassibile, Milano, Mondatori, 1945, p. 221.
(37) W. Churchill, La seconda guerra mondiale, vol. 6, cit., p. 2318.
(38) Ibidem
(39) G. Bernardi, La Marina gli Armistizi e il Trattato di Pace, Milano, Marzorati, 1991, p.52 sg.
(40) G. Castellano, Come firmai l’armistizio di Cassibile, cit., p. 169.
(41) F. Maugeri: Ricordi di un marinaio, cit. p. 133-135.
(42) AUSE, Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, fascicolo 7, "Interrogatorio generale Ambrosio"; vedi anche G. Castellano: Roma Kaput, cit., p. 141.
(43) AUSMM, De Courten, Memoriale, capitolo VIII, fascicolo 40.
(44) AUSE: Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, "Interrogatorio del generale Castellano" del 17 dicembre 1944.
(45) V: Vailati, La storia nascosta, cit., p. 164.
(46) AUSE, Castellano - Relazione.
(47) G. Zanussi, Guerra e catastrofe dell’Italia Giugno 1943- Maggio 1945, cit., p.117.
(48) AUSE, Castellano - Relazione.
(49) G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 215-219.
(50) G. Zanussi, Guerra e catastrofe dell’Italia, cit., p. 117.
(51) AUSE: Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, "Interrogatorio del generale Castellano" del 17 dicembre 1944; G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 222 sg.. Il motivo principale per il quale, nella pianificazione dell’operazione Avalanche era stato ritenuto non essere possibile di sbarcare più a nord di Salerno, risiedeva sull’impossibilità di poter usufruire dall’ombrello aereo necessario per la protezione delle spiagge e delle navi. Troppo modesto era il numero dei velivoli da caccia (113 Seafire e 60 Martlet) imbarcati sulle cinque portaerei britanniche che parteciparono all’operazione Avalanche (due di squadra e cinque di scorta), ed insufficiente era l’autonomia dei caccia terrestri a lungo raggio, britannici Beaufighter e statunitensi P. 38 concentrati in Sicilia, che appena poteva permetteva ai velivoli di restare non più di venti minuti nella zona di Salerno.
(52) G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 222 sg.
(53) AUSE: Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, parte seconda, capitolo III, p. 48.
(54) G.A. Schepperd, La campagna d’Italia, Milano, Garzanti, 1970, p. 120.
(55) Occorre dire per gli Alleati esistevano forti perplessità sulla riuscita delle operazioni pianificate, ritenendo che gli italiani, invece di accettare l’armistizio, avrebbero continuato a combattere con i tedeschi, con grave pericolo per gli sbarchi, in particolare per l’"Avalance", che poteva risultare un disastro. Di questo clima di forte pessimismo ne ha dato una chiara testimonianza Robert Murphy, consigliere diplomatico statunitense del generale Eisenhower. Scrivendo l’8 settembre al Presidente Roosevelt sui timori del generale Alexander espressi la sera del 31 agosto, Murphy sottolineò: "Un disastro in questo momento avrebbe un effetto catastrofico in Inghilterra sino al punto … di provocare la caduta del governo britannica e di compromettere gravemente la determinazione dell’Inghilterra di rimanere in guerra … I tedeschi hanno ora in Italia almeno diciannove divisioni, che con le sedici divisioni italiane fanno un totale di trentacinque divisioni. Avalanche contempla uno sbarco iniziale da tre a cinque divisioni e un incremento in due settimane sino a un massimo di otto divisioni. Egli [Alexander] ha anche sottolineato che uno sbarco in territorio ostile è, tra le operazioni militari, la più pericolosa. Egli è perciò convinto che si deve fare letteralmente di tutto per persuadere gli italiani ad aiutare le nostre forze, sia durante lo sbarco sia dopo. Senza tale aiuto egli non avrebbe la sicurezza del successo, e a suo parere vi sarebbe un grave rischio di un disastro.
(56) AUSA, fondo GAM 1, Generico operativo con Supermarina 1943, b. 3.
(57) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio de Courten.-
(58) AUSE, fondo S.I.M., Informazioni inviate alle Alte Autorità Militari, b. 1928..
(59) AUSE, Memoria Roatta.
(60) AUSE, Relazione del generale Vittorio Ambrosio, parte seconda, capitolo III, p. 59-60.
(61) AUSMM, Raccolta messaggi 1-9 settembre 1943.
(62) H. MacMillan, Diari di guerra 1943 - 1945, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 301.
(63) AUSMM, Relazione Ammiraglio Sansonetti, fondo Archivio Seg. XXV, Titolo E, Collezione F; vedi anche A. Santoni e F. Mattesini, La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo, Roma, Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, 1980, p. 486.
(64) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten.
(65) G. Bernardi, La Marina gli Armistizi e il Trattato di Pace, Roma, USMM, 1979, p. 52 sg. La traduzione, controllata sull’originale, è inserita in F.Mattesini, La Marina e l’8 settembre, Tomo I., cit., p. 343 - 345.
(66) Ibidem, Bernardi.
(67) Ibidem.
(68) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten. Naturalmente si trattava della richiesta contenuta nel promemoria del generale Ambrosio, consegnato al Capo della Missione Militare Italiana, colonnello De Carli, prima di imbarcarsi sulla corvetta Ibis, la sera del 6 settembre. De Carli portò l’indomani il documento al generale Castellano, per riferirne al generale Eisenhower che non ne tenne assolutamente conto. E’ comunque difficile credere che l’idea di concentrare le Forze Navali da Battaglia del Tirreno alla Maddalena, di cui Castellano fu incaricato di richiedere il consenso degli Alleati fin dai primi colloqui di Lisbona, sia stata decisa senza che il Ministro e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina ne sapesse qualcosa. Soltanto de Courten poteva assicurare al Re Vittorio Emanuele III, al Capo del Governo e al Capo di Stato Maggiore Generale che le navi sarebbero state al sicuro dentro quella rada della Sardegna, alle dipendenze della Marina, e dare quindi assicurazioni sulle sue possibilità di difesa.
(69) AUSMM, Memoriale de Courten, capitolo VII, f.ascicolo 31.
(70) Churchill, telegrafando quello stesso giorno 7 settembre 1943 a Roosevelt, si disse propenso a dare un consistente aiuto agli statunitensi nelle operazioni di guerra contro i giapponesi, reso possibile dalla resa della Marina italiana. Il primo ministro britannico pensava di poter riunire una grossa squadra navale destinata ad operare nel Pacifico, includendovi le navi italiane equipaggiate con anglo-americani . Ma Roosevelt, avendo sentito il parere dell’ammiraglio Ernest King, Capo di Stato Maggiore della Marina statunitense, deludendo Churchill, fu di parere contrario. Infatti, dopo che la flotta italiana si era consegnata agli Alleati e sapendo che ormai la Marina statunitense avrebbe disposto di li a poco di ben dieci corazzate moderne, il Presidente rispose a Churchill che se eventualmente fossero state impiegate nel Pacifico le navi italiani dovevano essere guidate dai loro equipaggi.
(71) AUSMM, Memoriale de Courten, capitolo VII, fascicolo 35.
(72) Con de Courten e Sansonetti, parteciparono alla riunione: ammiraglio Carlo Bergamini, Comandante in Capo delle Forze Navali da Battaglia; ammiraglio Odoardo Somigli, Comandante delle Forze Navali di protezione del traffico; ammiraglio Alberto Da Zara, Comandante della 5^ Divisione Navale e delle Forze Navali dislocate a Taranto; ammiraglio Antonio Legnani, Comandante in Capo della Squadra Sommergibili (Maricosom); ammiraglio Giotto Maraghini, Comandante in Capo del Dipartimento della Spezia; ammiraglio Bruto Brivonesi, Comandante in Capo del Dipartimento di Taranto; ammiraglio Emilio Brenta, Comandante Militare Marittimo di Venezia. Assistettero l’ammiraglio Carlo Giartosio, Capo di Stato Maggiore Aggiunto, e l’ammiraglio Emilio Ferreri, Segretario Generale della Marina.
(73) AUSMM, Diario degli avvenimenti, dell’ammiraglio Alberto Da Zara, fondo Titolo E collezione F.
(74) AUSMM, fondo Promemoria Ammiraglio Sansonetti 1943.
(75) "Relazione presentata dall’Ammiraglio di Squadra Bruto Brivonesi Comandante in Capo il Dipartimento Marittimo dello Jonio e Basso Adriatico sull’opera da lui svolta nei giorni dell’Armistizio", 14 ottobre 1943, fondo L 13, b. 36.
(76) AUSE, "L’occupazione della piazza di La Spezia da parte delle truppe tedesche (9 settembre 1943", fondo I 3, b. 144, f. 3, p. 22. Con simili premesse non riusciamo francamente a capire come l’ammiraglio de Courten, in un colloquio con l’ammiraglio Bergamini "sullo spirito della flotta" che si verificò poco prima dell’inizio della riunione degli ammiragli, non avesse detto nulla sulla nuova situazione al Comandante delle Forze Navali da Battaglia che, da parte sua - sono parole scritte da de Courten nel suo Memoriale - dette al Ministro "piena ed esplicita assicurazione che la Flotta era pronta ad uscire per combattere nelle acque del Tirreno meridionale la sua ultima battaglia". Vi era da parte di tutti i Comandanti ed ufficiali "fermissima la decisione di combattere fino all’estremo delle possibilità. Gli equipaggi erano pieni di fede e di entusiasmo. L’addestramento aveva fatto negli ultimi tempi buoni progressi. Gli accordi con l’Aeronautica italiana e con quella tedesca e le esperienze compiute davano pieno affidamento di poter finalmente contare sopra una discreta cooperazione aero-navale". Bergamini specificò ad un commosso de Courten: "… intervenendo ad operazione iniziata e traendo profitto dell’inevitabile crisi di quella delicata fase, sarebbe stato possibile infliggere al nemico danni gravi".
(77) C.J.C. Molony e altri, The Mediterranean and Middle East, Volume V, Londra, H.M.S.O, 1973, p. 267 sg.
(78) (1) AUSMM, Cifrati in partenza 1-9 settembre 1943. Attuando il piano preparato dal Comando in Capo della Squadra Sommergibili (Maricosom), diramato fin dal 2 luglio 1943 per la difesa dell’Italia meridionale, della Sardegna e della Corsica e noto in codice come "Operazione Zeta", la sera del 7 settembre presero il mare, per assumere schieramento da Paola all’altezza di Gaeta, undici unità subacquee: Alagi, Brinj, Diaspro, Giada, Galatea, Marea, Nichelio, Platino, Topazio, Turchese e Velella. Contemporaneamente allo schieramento nel Tirreno, si andò a costituire, con sommergibili già in mare ed altri fatti uscire da Taranto, un altro sbarramento difensivo lungo le coste calabro-campane facendovi partecipare: Menotti, Onice, Settembrini, Vortice, Zoea, Bandiera, Bragadino, Jalea e Squalo. In tal modo il numero dei sommergibili italiani contemporaneamente in missione raggiunse il numero di ventuno: undici nel Tirreno e dieci nello Ionio. Di essi, il Velella (tenente di vascello Mario Patanè) salpato da Napoli, nel pomeriggio del 7 settembre fu silurato all’uscita del Golfo, presso Punta Licosa, dal sommergibile britannico Shakespeare (tenente di vascello M.F.R. Ainslie) e si perse con l’intero equipaggio di cinquanta uomini. Il Topazio, salpato dalla Maddalena, fece la stessa fine il 12 settembre, e quindi dopo l’armistizio, per errato riconoscimento da parte di un velivolo Blenheim del 13° Squadron della R:A.F. Anche questo sommergibile, che si trovava in rotta per Bona, affondò con l’intero equipaggio, a 28 miglia a sud-est di Capo Carbonara (Sardegna). Da parte tedesca, su undici U-boote a disposizione nel Mediterraneo, soltanto due, l’U 616 e l’U 617 erano in mare presso le coste dell’Algeria. L’U 617 (tenente di vascello Albrecht Brandi), dopo aver affondato il 6 settembre il cacciatorpediniere britannico Puckeridge, attaccato e danneggiato il giorno 11 da due velivoli Wellington del 179° Squadron della R.A.F., e poi sottoposto a caccia da parte di unità leggere di superficie, l’indomani riuscì a raggiungere la costa del Marocco Spagnolo, presso Sidi Amar, dove si autoaffondò. L’equipaggio fu internato in Spagna.
(79) AUSA, La Relazione del generale Ranza si trova al fondo Carteggio Sandalli. Le ultime sporadiche azioni della Regia Aeronautica si erano svolte nella notte tra il 7 e l’8 settembre per opera di cinque velivoli della 3^ Squadra Aerea. Questa grande unità dell’Italia centrale mandò in volo, in ricognizione offensiva due quadrimotori "P.108" della 274^ Squadriglia Bombardamento a Grande Raggio, che attaccarono, senza esito, un convoglio localizzato al largo di Biserta, e tre trimotori "S.79" del 132° Gruppo Aerosiluranti, decollati da Littoria. Uno di questi ultimi velivoli lanciò senza esito contro un piroscafo, navigante in convoglio, a 20 miglia a nord-ovest di Marsala, mentre un altro "S.79" (tenente pilota Vasco Pagliarusco) attaccò, alle 21.25, il convoglio d’assalto britannico FSS.2, colpendo la nave da sbarco per carri armati LST 417, che evitò l’affondamento portandosi ad incagliare presso Termini Imerese. Fu questo l’ultimo successo in mare delle Armi italiane prima dell’armistizio. Cfr. AUSA, OP. 2, b. 41. Da parte tedesca, durante la navigazione verso Salerno i convogli d’invasione e i loro gruppi di scorta furono attaccati in più occasioni dagli aerei della 2^ Luftflotte (Ju. 88 e Fw. 190) che colpirono con bombe quattro unità, due delle quali, il mezzo da sbarco statunitense LCT 624 e la motosilurante britannica MTB 77 affondarono.
(80) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235.
(81) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235.
(82) AUSE, Commissione d’Inchiesta per la mancata difesa di Roma, interrogatori del generale Castellano e dell’interprete Montanari, b. 3003.
(83) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235. Per il testo del medesimo messaggio, rintracciato negli archivi statunitensi, vedi V. Vailati, L’Armistizio e il Regno del Sud, Palazzi, 1969.
(84) G. Castellano, Roma Kaput, cit., p. 88.
(85) G. Carboni, Memorie segrete 1935-1948. "Più che il dovere", Firenze, Parenti, 1953, p. 272; P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1946, p. 103 sg.
(86) Il promemoria, compilato da Roatta perché Carboni gli aveva riferito di non poter difendere l’arrivo dei paracadutisti e dei cannoni anticarro attraverso il Tevere, riportava: "era interesse comune, morale e materiale che l’annuncio dell’armistizio avvenisse quando il primo sbarco (quello delle 6 divisioni) fosse già in atto, e non prima o contemporaneamente all’inizio di detto sbarco; era interesse comune che l’iniziativa delle ostilità italo-germaniche fosse presa da parte tedesca; era indispensabile che le truppe tedesche non catturassero il Governo italiano, e per evitare ciò era necessario che la difesa della Capitale non venisse sopraffatta; era pertanto necessario che il primo sbarco navale avvenisse così a portata di Roma da impegnare e minacciare direttamente le truppe germaniche destinate ad agire contro la Capitale; necessario era pure rivedere il piano operativo concernente l’afflusso della divisione paracadutisti ed il primo impiego".
(87) P. Badoglio, L’Italia nella seconda guerra mondiale, cit., p. 103.
(88) AUSE, Stato Maggiore Generale - Ufficio Operazioni: "Armistizio con le Nazioni Unite", 20 settembre 1944, fondo Difesa di Roma, b. 2997/A.
(90) G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 118.
(91) In un documento dell’Ufficio Storico degli Stati Uniti, riguardo alla missione a Roma di Taylor e di Gardiner ed al colloquio avuto con il Capo del Governo italiano e con Carboni, si legge: "Trovarono il leader italiano maresciallo Badoglio pessimista e apatico. Il capo dei suoi servizi d’informazione disse che i nazisti avevano tagliato all’esercito italiano i rifornimenti di munizioni e di carburante, lasciandolo privo di mezzi. In pari tempo la guarnigione tedesca schierata lungo il tevere era stata aumentata da tremila a dodicimila uomini con cento pezzi d’artiglieria pesante. Taylor e Gardiner ebbero la sensazione che la Situazione preludesse al disastro e che non vi fosse alcuna possibilità di effettuare l’operazione "Giant 2" come progettato. Taylor prima di mezzanotte inviò un messaggio cifrato col consiglio di annullare la missione. Il messaggio giunse ad Algeri alle 8 circa dell’8 settembre. Insieme con esso partì un messaggio di Badoglio che rivelava un forte desiderio di rifiutare ogni collaborazione attiva agli Alleati". Cfr. Airborne Mission in the Mediterranean, 1942 - 1945. La traduzione riportata si trova in G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 117 sg. L’originale del testo in inglese è a p. 221 dello stesso libro.
(92) B. Benvenuti, "Roma - Settembre 1943", Storia Militare, novembre 1943, p. 17.
(93) P. Bertinaria, "Il Comando Supremo e lo Stato Maggiore dell’Esercito dal 25 luglio all’8 settembre 1943", in Atti del Convegno Internazionale (Milano 7-8 settembre 1993), L’armistizio italiano 40 anni dopo, edito dal Ministero della Difesa, Romas,1985, p. 92; AUSE, Memoria Roatta.
(94) A.N. Garland, H. MacGaw Smith, M. Blumenstil, Sicily and surrender of Italy, cit.,108 sg. Sempre rifacendosi al documento dell’Ufficio Storico degli Stati Uniti, nei confronti dei dettagli dell’operazione "Giant Two" è scritto: "I piani per l’operazione "Giant 2", stabiliti dal comando truppe aviotrasportate il 6 settembre, prevedevano una missione a Furbara e Cervetri da parte di una forza di 130 aerei (subito portati a 135) per trasportare due battaglioni e parte del comando del cinquecentesimoquarto reggimento paracadutisti, una batteria di artiglieria contraerea e alcune truppe d’appoggio, la notte D meni 1 (il giorno D per l’Avalanche era stato fissato per il 9 settembre). Decollando dalla Sicilia gli aerei da trasporto si sarebbero riuniti, avrebbero voltato verso nord-ovest sopra il Tirreno, avrebbero girato intorno alla foce del Tevere al disopra di un sottomarino britannico fornito di radioguida e di una lampada da segnalazioni, e si sarebbero inoltrati sulla costa. Gli italiani avrebbero avuto a disposizione il materiale di atterraggio nei due aeroporti e alcune squadre di esploratorim sarebbero state paracadutate quindici minuti prima a Cerveteri, dove avrebbero messo in opera radioguide. I primi novanta aerei avrebbero lanciato i paracadutisti. Poi, se tutto fosse andato bene, avrebbero atterrato gli altri. Per prevenire almeno un minimo di rinforzo alcuni elementi della ottantaduesima divisione furono fatti imbarcare su tre L.C.I. (mezzi da sbarco per fanteria) e su di un S.L.T. (nave da sbarco per carri armati) e fatti dirigere verso il Tevere". Cfr. Airborne Mission in the Mediterranean, 1942 - 1945. La traduzione riportata si trova in G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 115 sg. L’originale del testo in inglese è a p. 220 dello stesso libro.
(95) G. Castellano, Roma Kaput, cit., p. 106.
(96) Castellano, leggendo il telegramma di Badoglio, scrisse: "Non potevo supporre neanche lontanamente che si potesse non ottemperare agli impegni presi con la firma dell’armistizio, né potevo ammettere che a Roma non si fosse capita l’enorme importanza del concorso americano alla difesa della Capitale e lo si fosse rifiutato". Ritenendo di poter far ancora opera di persuasione "esortando il Governo a mantenere fede a quanto era stato concordato", alle ore 12.30 di quel giorno 8 settembre, Castellano spedì a Roma il seguente messaggio:"Mancanza nell’annunciare alla radio l’armistizio alle ore 18.30 di questo pomeriggio sarebbe considerato dal Comandante in Capo come mancanza nel mantenere l’impegno solenne già firmato. Se annuncio dell’armistizio non venisse fatto all’ora fissata tutti gli accordi verrebbero a decadere. Comandante in Capo dichiara che mancato annuncio potrebbe avere conseguenze disastrose per l’avvenire dell’Italia. Cfr. G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 118 e 121; AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235.
(97) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235.
(98) Ibidem.
(99) AUSE, Memoria Roatta.
(100) Al riguardo è sintomatico quanto hanno scritto gli storici britannici R. Denis e H. Saunders nell’opera Royal Air Force volume 2°, in cui sostennero: Lo Stato Maggiore italiano, basandosi su errati calcoli tratti da notizie del suo Servizio Informazioni, unitamente ad una completa ignoranza delle difficoltà di una guerra anfibia", era indotto a supporre che Eisenhower potesse sbarcare in un punto qualunque della costa italiana una forza tale che, unitamente alle truppe italiane, fosse in grado di distruggere i tedeschi od almeno di ricacciarli al di là delle Alpi. Vi era infatti la speranza che potessero essere sbarcate a nord di Roma, e preferibilmente nella zona di Livorno, ben 15 divisioni... Fra tutte le sue altre deficienze, un simile piano ignorava le limitazioni del potere aereo: limitazioni che avevano sempre preoccupato Eisenhower ed il suo Stato Maggiore, i quali avevano pianificato l’operazione "Avalanche" a Salerno perché esso era il punto di sbarco più lontano dalla costa occidentale italiana per il quale si potesse fornire protezione aerea adeguata.
(101) Il piano dell’operazione Avalance prevedeva che lo sbarco a Salerno di quattro divisioni e con la partecipazione di 600 navi, avvenisse nelle prime ore del 9 settembre; e fu proprio per questo progetto che nelle discussioni svoltesi a Cassibile tra i generali Castellano e Bedell-Smith era stato stabilito che la notizia dell’entrata in vigore dell’armistizio sarebbe stata anticipata alla radio da trasmissioni di musiva di Verdi, e sulle attività naziste in Argentina. Queste comunicazioni, da trasmettere sei ore prima dell’inizio dell’invasione, non si verificarono, e non ne conosciamo il motivo; ma in compenso, come vedremo, nel pomeriggio dell’8 settembre, radio Cincinnati, radio Algeri e radio Londra trasmisero in chiaro la notizia dell’armistizio, che fu conosciuta in tutto il mondo. Nel contempo l’Avalanche era iniziata il 3 settembre con la partenza da Tripoli del convoglio TSS.1, dopo di che si misero in movimento altri quattordici convogli salpati da Tripoli, Palermo, Biserta, Termini Imprese, Orano e Algeri. Uno di essi, l’FSS.2, localizzato dalla ricognizione tedesca nella rada di Biserta, nella notte del 7 fu attaccato in quell’ancoraggio da 125 bombardieri Ju. 88 della 2^ Luftflotte, che distrussero una nave da sbarco per carri armati LST e danneggiarono un mezzo da sbarco LCT. All’incursione parteciparono anche sette trimotori italiani Cant Z. 1007 bis decollati dalla Sardegna. Per appoggiare il movimento delle forze d’invasione verso le coste di Salerno, fu riunita una flotta di quattro corazzate (Warspite, Valiant, Nelson e Rodney , due portaerei di squadra (Illustrious e Formidable), 1 portaerei leggera (Unicorn), quattro portaerei di scorta (Attacker, Battler, Hunter e Stalker), dieci incrociatori e numeroso naviglio di scorta. Inoltre, per intervenire in caso di bisogno, le due corazzate moderne della Royal Navy, la Howe e la King Gorge V, il 7 settembre si spostarono da Algeri ad Augusta, anche in previsione dello sbarco a Taranto, da realizzare subito dopo l’armistizio italiano, con elementi della 1^ Divisione aviotrasportata britannica.
(102) F. Rossi, Come arrivammo all’armistizio, Milano, Garzanti, 1946, p. 161.
(103) S. E. Morison, Sicily, Salerno, Anzio, Vol IX, cit., p. 375.
(104) G. Castellano, La guerra continua, cit., p. 125.
(105) Ibidem.
(106) G. Schreiber, I militari italiani nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, cit., p. 104.
(107) Kriestagebuch des Oberkommandos der Wehrmacht/Wehrmachtfuerungstab 1940-1945, Bernard & Graefe, Munchen, 1982, vol. 3°, 07.09.1943, p. 1065-1067.
(108) Ufficio Storico dell’Esercito statunitense (USA): Decisioni di Comando (Command Decision - Washington 1960), traduzione effettuata dall’Ufficio Storico Aeronautica, Roma, 1974, p. 62.
(109) Ibidem.
(110) G. Schreiber, I militari italiani nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, cit., p. 104. Ricordiamo che l’articolo 5° sulla fratellanza d’armi italo tedesco del 2 maggio 1939 vietava che uno dei due membri arrivasse a concludere un pace separata, specificando: "Le parti contraenti s’impegnano già fin d’ora, in caso di una guerra condotta in comune, di concludere armistizio o pace solo in pieno accordo reciproco".
(111) Kriestagebuch des Oberkommandos der Wehrmacht/Wehrmachtfuerungstab 1940-1945, Bernard & Graefe, Munchen, 1982, vol. 3°, 07.09.1943, p. 1067.
(112) F.K. von Phehwe, Il Patto d’acciaio - Da Mussolini a Badoglio una testimonianza tedesca, Roma, USE, 1978, p. 168 sg.
(113) Ibidem.
(114) Sempre nel pomeriggio del 7 settembre, il generale Sandalli incaricò Superaereo di disporre, per l’indomani, il trasferimento dei reparti da caccia sugli aeroporti di Roma, mentre i gruppi di bombardieri e aerosiluranti dovevano raggiungere le basi della Sardegna. Poi, alle ore 21.00 del 7, diramando una serie di ordini, l’Ufficio Aerotrasporti del Comando Servizi Aerei Speciali della Regia Aeronautica (S.A.S.), dispose che i velivoli degli stormi da trasporto 18°, 44°, 45° e 48°, si trasferissero alle prime luci dell’indomani sugli aeroporti nei quali era prevista l’attività di volo. Altri aerei da trasporto, dei medesimi reparti, ricevettero l’ordine di raggiungere gli aeroporti di Marcigliana e dell’Urbe (ex Littorio), per rimanervi a disposizione del Gabinetto del Ministro dell’Aeronautica (Gabaereo), evidentemente prevedendo di effettuare, da quegli aeroporti ritenuti sicuri non essendovi reparti tedeschi, il trasferimento di importanti personaggi anche per via aerea.
(115) AUSMM, Supermarina - Messaggi in Copia Unica, registro n. 65.
(116) Ibidem.
(117) Fra le misure prese da Supermarina nel pomeriggio e nella serata del 7 settembre vi furono: di ordinare al sommergibile Cagni, che si trovava in Oceano Indiano diretto a Sabang, di non proseguire la navigazione e di non attaccare nessuna nave; il trasferimento di cinque vecchi sommergibili (H.1, H.2, H.4, H.6 e RISMONDO) da La Spezia a Ajaccio (Corsica), allo scopo di cominciare a sgombrare immediatamente il porto della Spezia, minacciato dalle truppe tedesche del Gruppo di Armate B del Generale Rommel; l’ordine alla corazzata Giulio Cesare, in stato di avanzati lavori a Trieste, di rifornirsi di viveri e di acqua e di prepararsi a salpare in sei ore; il trasferimento dei transatlantici Vulcani e Saturnia da Trieste a Venezia scortati dalla torpediniera Insidioso; l’annullamento di un’esercitazione nell’Alto Tirreno, a cui avrebbero dovuto partecipare gli incrociatori di Genova e La Spezia; l’ordine al Comando della Forza Navale da Battaglia di accelerare al massimo la partenza dei cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli in modo da trovarsi a Civitavecchia al più tardi per le 08.00 del 9 settembre; l’ordine di trasferimento a Roma, per il mattino dell’8, del Comandante di Marina Maddalena, ammiraglio Bruno Brivonesi, per renderlo edotto sulla situazione e consegnargli le istruzioni, da passare, all’arrivo a Maddalena, dell’ammiraglio Bergamini, per l’immediato trasferimento della flotta a Bona. A quel momento a Supermarina, contando sulle pressioni esercitate dal Comando Supremo sul Comando anglo-americano di Algeri, si riteneva fosse ancora possibile di convincere gli Alleati a trattenere le navi italiane alla Maddalena, ragion per cui fu ancora mantenuta questa destinazione. Ma l’illusione fu di breve durata. Ha scritto al riguardo l’ammiraglio de Courten nei suoi Appunti tracciati a Brindisi: "08.00 [dell’8 settembre] - Arriva Brivonesi, lo metto al ,corrente del promemoria 1 [del Comando Supremo] e sulla probabile dislocazione flotta a Maddalena: gli ordinò di partire la sera per Maddalena. Visita ad Ambrosio: mi dice che gli anglo-americani hanno respinto l’idea Maddalena e lasciano a disposizione del Re 1 incrociatore e 4 siluranti. Comunica che insiste sulla questione e spera di ottenere qualcosa".
(118) Il generale Giuseppe Pesce, che all’epoca degli avvenimenti, con il grado di tenente, faceva parte dell’8° Gruppo Caccia assegnato alla protezione di La Spezia, ha fatto in un articolo una strana testimonianza, riferendo che un suo collega, il tenente Guido Parrozzani, pilota di un velivolo da caccia Ro 2000 imbarcato sulla corazzata Vittorio Veneto, avrebbe visto l’ammiraglio Bergamini mentre riforniva di benzina la sua macchina, sull’aeroporto di Sarzana verso la mezzanotte del 7 settembre. Invece, sappiamo per certo, per le testimonianze dei congiunti dell’ammiraglio Bergamini - la moglie Valeria e la figlia Luciana - che egli, prima di rientrare alla Spezia, trascorse almeno parte della nottata nella sua casa di Roma. Bergamini dovette arrivare alla Spezia, ed imbarcare sulla nave ammiraglia Italia (per poi passare nel pomeriggio con il suo Comando di duecento persone sulla Roma), certamente prima delle 09.30. A quell’ora l’ammiraglio Stanislao Caracciotti, suo Capo di Stato Maggiore, telefonò dall’Italia a Supermarina, per incarico dello stesso Bergamini, per discutere la possibilità, poi scartata perché non ve ne era il tempo, di far venire a La Spezia l’ammiraglio Luigi Biancheri (Comandante dell’8^ Divisione Navale) per partecipare ad una riunione con gli altri Comandanti della flotta che si tenne quello stesso pomeriggio, con inizio alle ore 18.00, quando già l’ammiraglio aveva ricevuto conferma da Supermarina dell’annuncio dell’armistizio fatto alle 17.00 da radio Londra..
(119) AUSMM, Registro messaggi 1-9 settembre 1943; e Supermarina - Messaggi in Unica Copia, registro n. 65.
(120) Ibidem.
(121) Ibidem.
(122) Ibidem.
(123) Ibidem. Sempre intorno alle ore 18.00, Bergamini parlò, sempre sulla Roma, con il comandante Imperiali per orientarlo sulla navigazione delle torpediniere, specificando che la flotta sarebbe uscita per svolgere uno dei seguenti compiti.: "1° - Affrontare in battaglia la flotta inglese che proteggeva la segnalata operazione di sbarco probabilmente diretta contro il Golfo di Salerno. 2° - Dislocarsi a La Maddalena per sottrarsi ad eventuali atti ostili da parte dei tedeschi, o per mantenersi in posizione di attesa. 3° - Autoaffondarsi. In questo caso si specificava che le navi che dovevano sottrarsi alla cattura da parte dei tedeschi dovevano solamente allagare depositi e locali macchine e caldaie, mentre per evitare di cadere in mani inglesi dovevano anche usare le bombe per l’autodistruzione". In quest’ultimo caso le torpediniere servivano per recuperare gli equipaggi. Durante il colloquio Imperiali fu "particolarmente colpito dall’emozione e la grandissima tristezza che traspariva dall’espressione e dal modo di parlare" dell’ammiraglio Bergamini.
(124) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten.
(125) Un altro episodio che ha fatto discutere, anche perché l’ammiraglio de Courten ne ha sempre negata l’autenticità, è una testimonianza rilasciata nel dopoguerra al famoso storico britannico Liddel Hart dal generale Siegfried Westphal, all’epoca Capo di Stato Maggiore dell’O.B.S. Questi avrebbe sostenuto che il giorno 7 settembre l’ammiraglio de Courten aveva convocato il feldmaresciallo Kesselring per assicurargli che la flotta del Tirreno sarebbe salpata da La Spezia l’indomani o nella giornata del 9 per impegnare il nemico a Salerno in una battaglia dalla quale sarebbe uscita vincitrice o distrutta e che pertanto non ci sarebbe stata mai una "Scapa Flow" per la Marina italiana. Al proposito, sempre Westphal che parla, le "accorate parole e le lacrime di de Courten fecero breccia nell’animo di Kesselring e che a quest’ultimo non passo per la mente l’idea che tale discorso potesse essere fatto per rendere più plausibile ai tedeschi il viaggio della flotta italiana verso l’internamento a Malta". Obiettivamente, dobbiamo dire che di questa conversazione con de Courten il feldmaresciallo Kesselring non ha riferito nulla nelle sue Memorie di guerra. Westphal, tuttavia, rincarò la dose nel libro Decisioni Fatali, riportando: "Poche ore dopo che il ministro della marina italiana aveva assicurato assoluta fedeltà al Feldmaresciallo Kesselring e all’alleato tedesco, la radio annunciò la resa e la flotta salpò per Malta e l’internamento".
(126) AUSMM, Diario del comandante Virginio Rusca.
Ma le ambiguità, forse giustificabili considerando la posta in gioco e il terrore che i capi militari italiani avevano per i tedeschi, non erano finite.
(127) AUSMM, Memoriale de Courten, cap. VII, f. 38.
(128) AUSMM, fondo Cigala Fulgosi.
(129) Si trattava dell’ordine di auto-affondamento delle navi, da realizzare all’arrivo di un messaggio convenzionale, telefonicamente concordato tra l’ammiraglio Sansonetti e l’ammiraglio Stanislao Caracciotti: "Raccomando … riserbo". Riferisce l’ammiraglio de Courten nelle sue Memorie: "La seconda parola del messaggio, che era ‘massimo’ [non pronunciato durante la telefonata] fu resa nota attraverso una specifica indicazione ["La seconda parola è quella del nome di battesimo del comune amico che ha nome = cognome], che poteva essere interpretata solo dal Capo di Stato Maggiore della Flotta, ammiraglio Caracciotti, avendo riferimento ad un’amicizia confidenziale comune all’ammiraglio Sansonetti ed a lui". Era il cardinale Massimo Massimi.
(130) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten.
(131) Ibidem.
(132) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio Bruno Brivonesi, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre 1943, Archivio XLVII, b. 46.
(133) AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2235; Trattative per eventuale concorso anglo-americano alla difesa di Roma, Annesso VIII all’Allegato 5 bis, b. n. 3000.
(134) AUSE, fondo Difesa di Roma - Documentazione riguardante l’armistizio e la difesa di Roma (settembre 1943), b. 3003.
(135) A.N. Garland, H. MacGaw Smith, M. Blumenstil, Sicily and surrender of Italy, Office of the Chief of Military History, Department of the Army, Washington D.C., 1965 (della serie United States Army in World War II), p. 496.
(136) Ibidem.
(137) G: Carboni, Più che il dovere. Storia di una battaglia italiana (1937-1951), Roma, Danesi, 1952.
(138) Sulla decisione di ritardare l’applicazione del Promemoria n. 1 del Comando Supremo, quando già era cominciato l’attacco della 2’ Divisione Paracadutisti germanica alle postazioni italiane sud-occidentali della cintura difensiva di Roma, nelle zone di Ostia e Mezzocamino, esiste l’eccezionale testimonianza di una intercettazione telefonica del S.I.M. effettuata alle ore 02.00 del 9 settembre, su un colloquio tra Roatta e Ambrosio, poi trasmesso, sempre per telefono, al Capo Reparto Operazioni del Comando Supremo, generale Silvio Rossi, che riportiamo di seguito integralmente (18): L’Ecc. ROATTA è di avviso che dato l’atteggiamento della 2^ Divisione Paracadutisti sarebbe il caso che il Comando Supremo facesse immediatamente un passo presso il Generale Toussaint oppure presso l’O.B.S., facendo presente che se questo atteggiamento non cessa noi saremmo costretti a dover assumere un atteggiamento ostile che non è nelle nostre intenzioni. Dato poi che la Paracadutisti ha disarmato le note batterie di Ostia - Settecamini ecc. è del parere per la zona di Roma di resistere alle loro provocazioni ma non di applicare ancora la Memoria n. 1. Ecc. AMBROSIO approva e da ordini di trasmettere all’O.B.S. il seguente fonogramma (trasmesso al Generale ROSSI S.):"Al Comando O.B.S.: Atteggiamento Divisione Paracadutisti Pratica di Mare assume carattere ostile presso di noi. Richiamo attenzione codesto Comando su tale fatto che ci obbligherebbe a rispondere analogamente, mentre è nelle nostre intenzioni tenere nei vostri riguardi una condotta pacifica. (trasmesso a mezzo telefono al Generale Rossi alle ore 2.10)". Cfr., AUSE, "Informazioni e intercettazioni telefoniche, notte 8-9 settembre 1943", fondo H.5, b. 47.
(139) AUSA, Relazione del generale Sandalli.
(140) L’ex colonnello delle SS Eugen Dollmann, che il mattino del 9 settembre si era recato a Frascati, ha lasciato scritto che presso i comando tedeschi "tutti si aspettavano che Badoglio, il maresciallo circondato dall’aureola della vittoria in Abissinia, lanciasse un proclama alla popolazione ed assumesse il comando, e nessuno sapeva della fuga notturna, l’avvenimento a mio avviso più che tragico nella storia d’Italia. Se Badoglio avesse preso la decisione temuta dai tedeschi, il gesto sarebbe riuscito certamente fatale al feldmaresciallo Kesselring, data la sua inferiorità numerica. Anche senza l’ausilio di un attacco aereo anglosassone, nella notte dall’8 al 9 settembre il quartier generale di Frascati non sarebbe stato in grado di resistere ad un energico colpo di mano, in quanto Kesselring non disponeva che di un migliaio di uomini e di una buona parte della divisione paracadutisti Student, dispersa tra Frascati e la costa. Sia pure con forti perdite, il successo di Badoglio era sicuro, e Kesselring e Student non s’illudevano. Secondo Kesselring, ai tedeschi non rimaneva che battersi con onore …Cessati i dubbi, la notizia che anche lui [Badoglio] era partito fu accolta con un entusiasmo che, se l’avesse saputo, non gli avrebbe reso più piacevole il viaggio … Quella fuga venne considerata la prima grande battaglia vinta a Roma e il rapido crollo della difesa italiana fu prevalentemente attribuito alla assenza di un energico comando unico". Cfr., E. Dollmann, Roma nazista - 1937/1943, Milano, BUR, 2002, p. 2007-209.
(141) G. Schreiber, I militari italianii internati nei campi di concentramento del Terzo Reich 1943-1945, cit., p. 97.
(142) La tardiva e poco chiara diramazione degli ordini per poco non causò un grave incidente nel Golfo di Salerno. Alle ore 04.00 del 9 settembre, durante un combattimento contro costa da parte di navi degli Alleati, il comandante della motosilurante italiana MS-54, non essendo stato informato dell’armistizio, non si ritenne "vincolato ad ordini di non attaccare" le unità anglo-americane, ricevuti con generico segnale delle ore 20.00 dell’8. Pertanto, alle 04.00, raggiunta la distanza di di 3.000 metri, lanciò quattro siluri contro quelli che ritenne diversi incrociatori, per poi ritirarsi senza subire danni e sensa aver potuto accertare i risultati dell’attacco, che ebbe esiti negativi. La MS.54, che assieme alle altre motosiluranti della squadriglia del capitano di fregata Mario Paolo Pollina (S.21, 24, 35, 52, 56, 61 e 72) doveva trasferirsi da Capri a Palermo, si trasferì inizialmente a Gaeta "per rifornirsi di siluri dato che la loro mancanza" poteva "originare contestazioni" da parte degli alleati. Cfr: AUSMM, Grupso - Cifrati in arrivo 1-11 settembre 1943, messaggi n. 08107 e n. 55443 del 9 e 10 settembre.
(143) S. E. Morison, Sicily, Salerno, Anzio, Vol IX, cit., p. 466-468.
(144) A.N. Garland, H. MacGaw Smith, M. Blumenstil, Sicily and surrender of Italy, Office of the Chief of Military History, Department of the Army, Washington D.C., 1965 (della serie United States Army in World War II), p. 503 sg.
(145) AUSA, Relazione del generale Santoro
(146) AUSE, Commissione d’inchiesta per la mancata difesa di Roma, parte I, capo 3°, b. 3002.
Le discussioni telefoniche del pomeriggio dell’8 settembre tra gli ammiragli de Courten e Sansonetti con l’ammiraglio Bergamini sulla partenza della flotta per i porti degli Alleati
(147) Secondo altra fonte la notizia dell’armistizio era giunta a Londra attraverso la Reuter da New York alle 15.53 dell’8 settembre tardi, e due minuti dopo essa veniva confermata a Londra dal Quartiere Generale di Algeri. Le comunicazioni furono intercettate dalle radio italiane e germaniche, che seguivano costantemente le trasmissioni degli alleati. In seguito a ciò alle 17.45 l’incaricato d’affari germanico a Roma, Rudolf von Rhan, essendo stato informato che la capitolazione delle Forze Armate italiane, trasmessa da New York, era un fatto compito, si mise in relazione telefonica con il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, generale Roatta, che rispose essere, quella della Reuter, "una sfacciata menzogna della propaganda inglese, che io devo respingere". La stessa risposta il diplomatico tedesco ricevette poco dopo dal rappresentante del Ministero degli Esteri, ambasciatore Augusto Rosso, che preannunciò un dura smentita.
(148) AUSMM, De Courten, Memoriale, b 1, relazione del capitano di vascello Aldo Rossi, "La Marina durante la crisi dal 25 luglio al 12 settembre".
(149) AUSMM, Archivio Seg., Titolo E, Collezione F.
(150) De Courten, Memoriale, b. 2.
(151) Secondo un’altra versione, riferita il 27 gennaio 1956 al comandante Bragadin dallo stesso Sansonetti, questi, parlando al telefono con Bergamini e mostrando molti dubbi sulla bontà degli alleati a rispettare gli impegni presi con gli italiani e su quanto dichiarato da Badoglio a de Courten, avrebbe affermato: "L’affondare le navi sarebbe per noi più facile che non portare le navi a Bona, pare però che gli Americani abbiano garantito al Governo italiano che, se le clausole navali dell’armistizio saranno lealmente eseguite, l’Italia avrà un trattamento ben diverso che nel caso contrario (questa notizia sarebbe stata comunicata verbalmente all’Ammiraglio DE COURTEN dal Generale Badoglio o chi per lui): non si sa fino a che punto si può credere a questa affermazione, tuttavia è una carta di estrema importanza che abbiamo in mano, dobbiamo giocarla anche se non siamo proprio sicuri della sua efficacia". Cfr., AUSMM, Archivio Seg., Titolo E, Collezione F.
(152) AUSA, Relazione del Generale Sandalli.
(153) L’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo, a pag. 19 della sua opera La Marina dopo l’8 settembre…, ha scritto che fra le misure prese da de Courten ci fu anche quella di "Comunicare alla flotta che doveva al più presto lasciare La Spezia, con i reparti dislocati a Genova"; ed aggiunge che lo stesso ex Ministro della Marina aveva sostenuto nella sua Relazione: "Gli prospettai l’opportunità di partire al più presto". Queste stesse ed inequivocabili parole di de Courten sono contenute anche nell’opera dell’ammiraglio Romeo Bernotti, Storia della guerra nel Mediterraneo, p. 315. Anche ammettendo, come taluni sostengono, che l’ordine fosse stato dato a Bergamini solo dopo il ritorno di de Courten dal Quirinale (intorno alle 19.50), fu il Comandante della Flotta, con la sua resistenza, a contribuire a determinò il ritardo nella partenza delle navi.
(154) AUSA, Relazione del Generale Sandalli.
(155) Verso mezzogiorno dello stesso 8 settembre 130 bombardieri B. 17 della 12^ Air Force, decollati dalle basi dell’Algeria, avevano bombardato pesantemente Frascati, dove si trovavano i comandi dell’O.B.S. e della 2^ Luftflotte, causando 600 morti, 500 dei quali tra la popolazione civile e 100 tra i soldati tedeschi. Il bombardamento degli obiettivi militari, che furono gravemente danneggiati assieme a moltissimi edifici civili, era stato concordato con Castellano a Cassibile, che fornì le piante dei punti da colpire, e rappresentava uno degli elementi che indicavano agli italiani il giorno dell’armistizio. In quelle ore a Roma doveva essere stato ben compreso non esservi più margine di trattativa per rimandarne la data. Ne fa testimonianza, nella sua relazione, il tenente colonnello Giacomo Dogliani, Capo del Nucleo di Collegamento fra il Comando Supremo e l’O.B.S.. Arrivato a Roma alle 16.20 dell’8 settembre per riferire, su indicazione del feldmaresciallo Kesselring, che gli statunitensi erano in procinto di sbarcare fra Salerno e Napoli, si sentì dire dal maggiore degli alpini Augusto Adam "Oggi sarà annunciato l’armistizio con gli alleati".
(156) USE, La guerra di liberazione. Scritti nel trentennale, Roma, 1976, Appendice D, p. 69.
(157) E. Aga Rossi, Una nazione allo sbando, L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Bologna, Il Mulino, 2003.
(158) AUSMM, "Appunti da me tracciati a Brindisi il 10 - IX - 43 sugli avvenimenti dal 3 all’8 IX", fondo Memoriale ammiraglio de Courten, cap. VIII, f. 40.
(159) AUSA, Relazione del generale Sandalli.
(160) AUSE, "Relazione sugli avvenimenti dell’8 settembre 1943 presso il Comando Generale del maresciallo Kesselring (O.B.S.) in Frascati", fondo Difesa di Roma, b. 3000.
(161) AUSE, "informazioni e intercettazioni telefoniche notte 8-9 settembre 1943", fondo H 5, b. 47..
(162) USE, La guerra di liberazione, cit., Appendice E, p. 89.
(163) E. Aga Rossi, L’inganno reciproco, cit., p. 331 sg.
(164) G. Carboni, Più che il dovere. Storia di una battaglia italiana (1937-1951), Roma, Danesi, 1952, p.258 sg.
(165) Ibidem, p. 259.
(166) AUSE, Stato Maggiore Generale Ufficio Operazioni 20 settembre 1944, "Ordini emanati dalle Supreme Autorità Militari in relazione alla conclusione dell’Armistizio con le Nazioni Unite", Difesa di Roma, Raccoglitore n. 2997/A, cartella n. 2.
(167) AUSMMA, Relazione ammiraglio de Courten.
(168) B.H. Liddell Hart, Storia di una sconfitta. Parlano i generali del III Reich, Milano, Rizzoli, 1973, p. 403 sg.
(169) AUSE, "Le armate alleate in Italia dal 3 settembre 1943 al 12 dicembre 1944", traduzione dall’inglese, Supplement to The London Gazette del 6 giugno 1950.
(170) AUSE, "Comando Supremo - Esame dei vantaggi apportati alla causa delle Nazioni Alleate dopo un mese dall’entrata in vigore dell’armistizio", fondo I. 3, b. 58.
(171) AUSE, "Comando Supremo - Promemoria per il Generale Castellano", fondo Generale Castellano, b. 2235.
(172) AUSMM, Maristat, Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle 12.00 dell’8 settembre 1943 alle 24.00 del 13 settembre 1943; vidi anche G.Galuppini, "pennello Nero", Storia Militare…
(173) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1° al 9 settembre 1943.
(174) AUSE, "Ministero della Guerra - Telegramma in arrivo", fondo Difesa di Roma, b. 3001.
(175) Su come la Marina arrivò all’Armistizio con gli Alleati abbiamo la seguente testimonianza dell’allora Ministro e Capo di Stato Maggiore, ammiraglio de Courten: "Fra questi valori dello spirito rimarrà storicamente l’atteggiamento di disciplina e di obbedienza, di cui la Marina ha dato mirabile prova all’atto dell’armistizio. A prescindere da qualsiasi considerazione sul grado di partecipazione della Marina alle decisioni e alle trattative riferentisi alla conclusione dell’armistizio, sta di fatto che questo, nella sua forma conosciuta poi come "armistizio breve", fu negoziato e concluso, in seguito ad una valutazione politica e militare della situazione generale della Nazione, da chi aveva l’autorità di farlo. L’ordine di applicare nella maniera più leale le clausole dell’armistizio venne impartito da Capo Supremo delle Forze Armate [il Re]. Esso fu trasmesso alla Marina, ed in prima linea alla sua parte più sostanziale costituita dalle forze navali di superficie e subacquee, con la piena consapevolezza di richiedere un gesto durissimo di devozione al bene comune, ma con la coscienza di dover affrontare qualsiasi sacrificio pur di assicurare il bene futuro della Patria".
(176) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1° al 9 settembre 1943.
(177) Ibidem.
(178) Ibidem.
(179) Ibidem.
(180) Ibidem.
(181) Ibidem.
(182) AUSMM, USE, Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma, 1973, p. 581.
(183) Per saperne di più, F. Mattesini, Betasom. Guerra sugli Oceani (1940-1943), 2^ edizione riveduta e ampliata, Roma, USMM, 2003.
(186) AUSMM, De Courten, Memoriale, b. 2.
(187) AUSMM, De Courten, Memoriale, b 1, relazione del capitano di vascello Aldo Rossi, "La Marina durante la crisi dal 25 luglio al 12 settembre".
(188) Dopo aver saputo dalla radio, alle ore 17.00 dell’8 settembre dell’armistizio confermatogli da Supermarina, e aver vivacemente discusso con de Courten, l’ammiraglio Bergamini convocò per le ore 18.00 gli ammiragli e i comandanti delle navi alle sue dipendenze sulla sua nuova nave ammiraglia, la corazzata Roma. La stessa cosa fece, sempre alle 18.00, il Comandante dell’Arsenale di La Spezia che, convocato d’urgenza i direttori dei lavori, comunicò loro, da parte del Comandante dell’Alto Tirreno, ammiraglio Giotto Maraghini, con il vincolo del segreto, "che in epoca indeterminata potesse intervenire un armistizio". Che qualcosa sull’armistizio fosse stato detto agli ammiragli convocati a Roma il 7 settembre, sotto il vincolo del segreto, può essere convalidato dal fatto che l’ammiraglio Bruno Brivonesi, testimoniando alla Commissione Speciale d’Inchiesta (C.I.S.), affermò: durante il ritorno alla Maddalena "un ufficiale che aveva fatto il viaggio di ritorno con me nello stesso apparecchio [idrovolante Cant Z. 506], era a conoscenza dell’armistizio". E’ da presumere che l’ufficiale fosse lo stesso Brivonesi, che non volle, o non poteva, dire alla C.I.S. come realmente stavano le cose. Egli fu inoltre informato al Ministero Marina, al momento di ricevere le istruzioni per il trasferimento della flotta alla Maddalena (3 corazzate, 5 incrociatori e 12 cacciatorpediniere), che l’arrivo delle navi sarebbe avvenuto l’indomani alle ore 09.00.
(189) Sul colloquio tra de Courten e Revel vi sono notevoli discordanze. Nelle sue memorie l’ex Ministro della Marina sostiene si sarebbe verificato, con inizio alle 21.30 dell’8 settembre, nella casa del Grande Ammiraglio, mentre invece secondo quanto scritto dall’ammiraglio Sansonetti nella lettera fatta pervenire nel dopoguerra al Ministro della Difesa, onorevole Emilio Taviani, il colloquio sarebbe da riportare al 6 settembre, dopo che de Courten aveva ricevuto da Ambrosio il Promemoria Dick. Questa seconda testimonianza è poi confermata dall’ammiraglio Angelo Iachino, ex Comandante in Capo della Flotta italiana che ricopriva l’incarico di Presidente del Comitato Superiore tecnico del Ministero della Marina, il quale, avendo udito alla radio il messaggio sull’armistizio del Maresciallo Badoglio delle ore 19.45 dell’8 settembre, profondamente turbato si recò subito nell’ufficio di de Courten, che assieme all’ammiraglio Sansonetti "stava diramando gli ordini per l’applicazione delle norme d’Armistizio". De Courten, altrettanto eccitato e sdegnato dagli avvenimenti, disse a Iachino che dopo aver pensato di affondare le navi piuttosto che consegnarle al nemico, aveva poi finito per decidere in senso contrario. E specificò "che nello stesso modo si era espresso il Grande Ammiraglio Thaon de Revel. Questo colloquio tra Iachino e de Courten avveniva circa due ore prima del presunto colloquio di de Courten con Revel dell’8 settembre. E’ quindi naturale ritenere che Sansonetti avesse ragione, e che pertanto l’unico colloquio tra i due alti ufficiali si fosse realmente svolto il 6 settembre. Occorre anche dire che la testimonianza di Iachino è riportata da Pier Paolo Bergamini a pagina 50 del suo saggio Le forze Navali da Battaglia e l’armistizio, supplemento della Rivista Marittima di gennaio 2002 e di agosto-settembre 2003.
(190) Purtroppo non siamo riusciti a rintracciare i testi dei fondamentali ordini operativi di Supermarina che, certamente, furono inviati a Bergamini nella tarda serata e nel corso della notte, prima della partenza delle navi da La Spezia. Ordini che erano stati trasmessi alla Roma dall’ammiraglio Carlo Giartosio, Sottocapo di Stato Maggiore Aggiunto, come egli afferma nella sua relazione, e che dovevano contenere i dettagli di navigazione e forse anche la destinazione finale della flotta. La stessa sorte sembra aver subito il plico consegnato il mattino dell’8 settembre da de Courten all’ammiraglio Bruno Brivonesi, e che quest’ultimo avrebbe dovuto consegnare a Bergamini al suo arrivo a La Maddalena. E’ da ritenere, con fondati motivi, che nel plico vi fossero le copie di importanti documenti armistiziali, tra cui il fondamentale Promemoria Dick - od un estratto di esso - che imponeva i dettagli di navigazione e di trasferimento della flotta italiana per raggiungere i porti degli Alleati. Documenti che, probabilmente, non erano stati consegnati all’ammiraglio Bergamini il 7 settembre, durante il sua permanenza a Roma per partecipare alla riunione degli Ammiragli, perché contenevano argomenti delicati per il destino delle navi non ancora discussi dal Ministro della Marina con il generale Ambrosio, rientrato a Roma da Torino soltanto il mattino dell’8. E’ poi da supporre che i documenti non fossero stati consegnati a Bergamini per motivi di opportunità, in quanto era allora da tenere in considerazione la sua prevedibile reazione ad un argomento particolarmente scottante, come quello della sorte della flotta, che lo avrebbe fatto entrare in aperto contrasto con il Ministro della Marina.
(191) AUSE, Relazione del generale Ambrosio; vedi anche G. Castellano, La guerra continua, Milano, Rizzoli, 1963, p. 161.
(192) AUSA, Carteggio generale Sandalli, Relazione.
(193) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio de Courten.
(194) AUSA, Allegato n. 3 alla Relazione del generale Santoro.
(195) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten.
(196) Ibidem.
(197) Su queste affermazioni dell’ex Ministro della Marina, abbiamo poi la seguente testimonianza, riferita dall’ammiraglio Sansonetti al comandante Bragadin, e che si riporta all’ultimo colloquio tra de Courten e Bergamini: "Verso le 23.00 l’Ammiraglio DE COURTEN chiama di nuovo al telefono l’Ammiraglio BERGAMINI e gli dice che spera di ottenere che la flotta rimanga in un porto italiano: BERGAMINI con la Squadra vada perciò a Maddalena, in attesa di ricevere ulteriori ordini. BERGAMINI assicura, affermando che porterà con se tutte le unità in condizioni di navigare". Cfr. AUSMM, Archivio Seg., Titolo E, Collezione F. Anche questa versione, come vedremo, è in gran parte smentita da quanto riferì nel dopoguerra l’ammiraglio Accorretti, scrivendo a de Courten..
(198) AUSMM, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre, b. 3; e fondo Archivio Seg., Titolo E, Collezione F. Nella relazione dell’incrociatore Eugenio di Savoia, è scritto: "Durante la riunione della sera l’ammiraglio Bergamini appariva profondamente commosso e turbato, molto di più che non nella riunione del pomeriggio, durante la quale non si ebbe l’impressione che fosse imminente la catastrofe".
(199) AUSMM, De Courten, Memoriale, b. 2, f. 11.
(200) Secondo quanto l’ammiraglio Sansonetti ricordò all’ammiraglio de Courten nel dopoguerra, "Le telefonate con Bergamini nel pomeriggio dell’8 furono tre. La prima fra te e lui, su richiesta di Bergamini appena la radio diede notizia del proclamato armistizio [circa ore 17.00]. La seconda circa un’ora dopo [circa ore 18.00] fra me e lui, per tuo incarico. La terza più tardi [intorno alle 19.00-20.00] fra te e lui". Da questo elenco manca però la telefonata forse più drammatica, quella delle 23.00, a cui assistette, sulla Vittorio Veneto, l’ammiraglio Accorretti.
(201) AUSMM, Ibidem. De Courten, Memoriale.
(202) In realtà quella della presenza del Re alla Maddalena era una scappatoia, fatta ad arte da de Courten al solo scopo di convincere Bergamini a partire. A quell’ora i paracadutisti tedeschi della 2^ Divisione, muovendo rapidamente da Pratica di Mare, avevano già occupato Ostia e Fiumicino. Essi pertanto minacciavano la strada per Civitavecchia - ove convergevano da nord aliquote della 3^ Divisione Panzergrenadier - nel cui porto dovevano arrivare l’indomani i cacciatorpediniere Vivaldi e Da Noli, per imbarcare il Re e il suo seguito. Ma il Sovrano - che in Sardegna non avrebbe più potuto usufruire della protezione della flotta in quanto gli Alleati pretendevano che le navi si recassero a Malta - si era invece portato al Ministero della Guerra, considerato più sicuro del Quirinale, da dove poi, alle 04.30 del 9 settembre, forse, lo ripetiamo, con il salvacondotto del feldmaresciallo Kesselring, sarebbe partito in macchina per Pescare, con il suo triste seguito di pavidi responsabili dell’armistizio, compresi i tre ministri militari, che abbandonarono Roma al suo triste destino, conclusosi con la resa ai tedeschi.
(203) AUSMM, Rapporto di navigazione dell’incrociatore Attilio Regolo.
(204) Ibidem.
(205) AUSMM, Raccolta messaggi 1 - 9 settembre 1943.
(206) Ibidem.
(207) AUSMM, Archivio Seg., Titolo E, Collezione F.
(208) R. Bernotti, La guerra sui mari nel conflitto mondiale 1943-1945, vol. III, Livorno, Belforte, 1950, p.105; R. Bernotti, Storia della guerra nel Mediterraneo (1940-1943), Roma, Vito Bianco, 1960, pag. 315.
(209) G. Fioravanzo, La Marina dall’8 settembre alla fine del conflitto, 2^ Edizione, Roma, USMM, 1971, p. 19
(210) AUSMM, De Courten Memoriale, b. 2.
(211) AUSMM, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre, Archivio XLVII, b. 3.
(212) L. Biancheri, « Come affondò la corazzata Roma », in La Marina combatte.
(213) AUSMM, Raccolta messaggi 1 - 9 settembre 1943.
(214) AUSMM, Raccolta messaggi 1 - 9 settembre 1943.
(215) AUSM, Relazione dell’ammiraglio de Courten.
(216) Ibidem; e Raccolta messaggi 1 - 9 settembre 1943.
(217) Ibidem.
(218) Ibidem.
(219) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten; e Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(220) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(221) AUSMM, Relazione ammiraglio de Courten.
(222) AUSE, Ministero della Marina - Commissione Inchiesta Speciale Ammiraglio Brivonesi, "Riassunto cronologico degli avvenimenti militari in Sardegna e particolarmente a La Maddalena nei primi 18 giorni di settembre 1943", fondo L 3, b. 36; AUSMM, Relazione dell’ammiraglio Bruno Brivonesi, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre 1943, Archivio XLVII, b. 46.
(223) Per concordi dichiarazioni degli ammiragli Sansonetti e Brivonesi la flotta avrebbe dovuto arrivare in porto dopo l’alba, intorno alle 09.00, mentre in realtà a quella stessa ora essa si trovava ancora molto distante dalla Maddalena, all’altezza di Capo Testa.
(224) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio Bruno Brivonesi, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre 1943, Archivio XLVII, b. 46.
(225) AUSMM, lettera FDS 25/53, fondo Scambio notizie con Ammiragliato britannico, b.2.
(225) La reazione tedesca fu ovunque così pronta ed efficace che, praticamente, le Forze Navali da Battaglia ed altre unità minori uscirono dalla Spezia appena in tempo per non esservi bloccate, mentre quelle di Genova restarono nel porto e furono catturate. Alle 10.15 l’ammiraglio Margini, Comandante del Dipartimento dell’Alto Tirreno, telefonò a Supermarina per dichiarare: "Unità Bergamini partite tutte navi minori partite alt Navi non in condizioni di muovere affondate (alt) Navi mercantili stanno partendo (semialt) qualcuna si inutilizza (semialt) su tre piroscafi armamenti tedeschi con le mitragliere impediscono inutilizzazione (alt) Al di fuori della Piazza truppe tedesche in grande quantità (alt) 10^ flottiglia MAS distrugge materiale (alt) Da Genova quasi nessun mercantile ha potuto partire (semialt) non si ha notizie se si è fatto in tempo a procedere ad inutilizzazione".
(226) AUSMM, fondo Supermarina - Messaggi in Copia Unica; AUSA, Diario Storico Comando Aeronautica Sardegna 1941. L’impiego degli aerei da caccia, italiani e tedeschi, era stato previsto, nel caso di un intervento navale, impiegando i velivoli Mc. 200 e Re. 2001 dei gruppi 8° e 160°, che da alcuni mesi si stavano allenando con le navi dell’ammiraglio Bergamini. Ma la necessità di concentrare il massimo numero di caccia efficienti negli aeroporti del Lazio - per contribuire alla difesa di Roma ma anche per dare ai tedeschi la certezza che quegli aerei erano destinati a scortare la flotta diretta a Salerno, mentre invece si spostavano per contribuire alla difesa di Roma - aveva costretto i velivoli dei due gruppi a spostarsi, da Sarzana e Venafiorita, a Guidonia e a Littoria (Latina), ed erano pertanto troppo lontani per intervenire ad ovest della Corsica e Sardegna. Inoltre, nel mancato incontro dei Mc. 202 con le navi, è significativo il fatto che Supermarina, con messaggio I.E./8763, aveva segnalato nella notte tra l’8 e il 9 settembre a Superaereo: "Flotta italiana uscirà da La Spezia questa notte con tempi e rotte presumibili indicate in colore marrone nella cartina di cui all’allegato n. 1". Ebbene nell’allegato in questione, che faceva parte del documento "Direttive per la difesa della Madrepatria" compilato da Superaereo il 23 agosto 1943, la rotta indicata passava attraverso il Tirreno, in previsione dell’intervento navale nella zona di Salerno, mentre invece le navi italiane andavano in tutt’altra direzione. Si trattò soltanto di una grave mancanza di Supermarina, che non dette a Superaereo un’indicazione fondamentale per assumere la scorta alle navi, oppure anche questa dimenticanza faceva parte del Segreto da mantenere ad ogni costo?
(227) AUSMM, fondo Archivio Segr., Titolo E, Collezione F.
(228) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(229) Ibidem.
(230) AUSMM, Rapporto di navigazione dell’incrociatore Attilio Regolo.
(231) Ibidem.
(232) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio de Courten.
(233) A. Incisa della Rocchetta, L’ultima missione della corazzata Roma, Milano, Mursia, 1978, p. 7.
(234) Il messaggio trasmesso dalla Roma che assegnava alle unità della Squadra i punti di ormeggio era il seguente: "Arrivo La Maddalena Unità prendano ormeggi seguenti: REGOLO C 9 - EUGENIO B 1 - ABRUZZI B 4 - GARIBALDI B. 5 - MONTECUCCOLI A 2 - AOSTA Z 2 - CC.TT. si ormeggeranno: XXI^ Squadriglia Cala Chiesa, XIV^ - XV^ in rada S. Stefano nei posti di ormeggio per sezione che saranno indicati".
(235) AUSMM, Rapporto di navigazione dell’incrociatore Attilio Regolo.
(236) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(237) AUSMM, Supermarina - Cifra in partenza; vedi anche Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8-9-943 alle ore 24 del giorno 13-9-943.
(238) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio Sansonetti.
(239) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(240) AUSMM, "Comando IX Divisione Navale - Intercettati", fondo Comandi Navali Complessi, b. 36.
(241) AUSMM, Supermarina - Cifra in partenza; vedi anche Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8-9-943 alle ore 24 del giorno 13-9-943.
(242) AUSE, Ministero della Marina - Commissione Inchiesta Speciale Ammiraglio Bruno Brivonesi, "Riassunto cronologico degli avvenimenti militari in Sardegna e particolarmente a La Maddalena nei primi 18 giorni di settembre 1943", fondo L 3, b. 36
(243) AUSMM, Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(244) AUSMM, De Courten, Memoriale, b 1, relazione del capitano di vascello Aldo Rossi, "La Marina durante la crisi dal 25 luglio al 12 settembre".
(245) AUSMM, fondo Archivio Segr., Titolo E, Collezione F; e Raccolta messaggi dal 1 al 9 settembre 1943.
(246) Ibidem.
(247) AUSMM, "Comando IX Divisione Navale - Intercettati", fondo Comandi Navali Complessi, b. 36.
(248) AUSMM, Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8-9-943 alle ore 24 del giorno 13-9-943.
(249) Ibidem.
(250) Particolarmente fantasiosa e sgradevole appare l’insinuazione che a bordo della Roma si fosse verificato un ammutinamento contro l’ammiraglio Bergamini, accusato, in taluni penosi articoli, di voler disubbidire agli ordini di Sua Maesta, avendo deciso di affondare le navi o di voler passare dalla parte dei tedeschi! Si tratta di un’accusa che è da considerare gravissima ed offensiva nei confronti della serietà d’animo dell’ammiraglio Bergamini; un uomo che, dopo aver discusso animosamente, forse con ragione, con il Ministro della Marina, nel pomeriggio del 9 settembre, trasmettendo a Supermarina il messaggio "dirottamento fatto", stava obbedendo all’ordine di andare a Bona, anche se gli appariva il più ingiusto e doloroso. Ed è pertanto corretto quanto scrisse sul giornale Il Messaggero del 27 novembre 1999 l’ammiraglio Guarnirei, allora Capo di Stato Maggiore della Marina: "L’Ammiraglio Bergamini ha cercato di condurre le navi dove gli era stato ordinato di fare; nessuno ha sparato all’Ammiraglio Bergamini". Con La Maddalena occupata dai tedeschi, non restavano che tre alternative: auto-affondare le navi in alto mare o nei pressi della costa della Sardegna; tornare indietro a La Spezia, che però era già occupata dai tedeschi; andare a Bona. E l’ordine di andare a Bona, che in quelle condizioni era l’unico possibile, fu confermato da Supermarina, con messaggio inequivocabile, trasmesso alla Roma.
(251) Per le azioni aeree tedesche contro le Forze Navali da Battaglia sono stati consultati, come elementi fondamentali: la lettera F.D.S. 25/53, compilata sulla scorta dei diari della Luftwaffe e della Kriegsmarine, ed inviata dalla Sezione Storica dell’Ammiragliato britannico all’Ufficio Storico della Marina Militare, fondo Scambio notizie con Ammiragliato britannico, b. 2; e il libro di Ulf Balke, Kamfgeschwader 100 "Wiking", Stuttgart, Motorbuch Verlag, 1981.
(252) Sulle catapulte delle corazzate si trovavano quattro caccia Re. 2000, ma uno andò subito perduto con la Roma, quello dell’Italia fu danneggiato dalla bomba che colpì la nave, e soltanto un altro velivolo, sui due che si trovavano sul Vittorio Veneto, poté decollare per contrastare i bombardieri, che non riuscì a raggiungere volando a quota troppo elevata. Andato poi ad atterrare col buio sull’aeroporto di Ajaccio, in Corsica, il Re. 2000 investi un cannone e si incendiò causando ustioni al pilota, tenente Guido Parrozzani. L’ultimo velivolo, come si può rilevare da una foto scattata alla Valletta, arrivò a Malta sistemato sulla catapulta del Vittorio Veneto.
(253) AUSMM, Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8-9-943 alle ore 24 del giorno 13-9-943.
(254) AUSMM, Relazione dell’ammiraglio de Courten.
(255) Secondo le affermazioni di alcuni storici inattendibili, dopo l’occupazione tedesca della Maddalena due sole alternative restavano alla flotta: di "affondarsi nelle acque di La Maddalena o raggiungere i tedeschi a Tolone". Queste misure, per gli ordini ricevuti dall’ammiraglio Bergamini, erano entrambe irrealizzabili, soprattutto la seconda. Né, ragionevolmente, si può fare un paragone tra il mancato auto-affondamento delle navi italiane e il sabotaggio della flotta tedesca a Scapa Flow e della flotta francese a Tolone. I motivi erano ben differenti. La flotta tedesca, secondo quanto stabilito dal trattato di pace, stava per essere consegnata alle potenze vincitori della prima guerra mondiale, e quella francese stava per cadere in mano tedesca, durante l’occupazione di Tolone del 27 novembre 1942 (operazione "Lila"). La flotta italiana, invece, aveva l’ordine di attenersi alle clausole dell’armistizio, confermato dal Re, ed il ministro della Marina aveva specificato che non vi sarebbe stata la consegna delle navi agli Alleati e l’abbassamento della bandiera. Quindi, almeno per il momento, erano venuti a mancare i motivi che potevano giustificare un’iniziativa per l’autoaffondamento, che però trovava convinti estimatori anche in taluni ufficiali superiori, in particolare nell’ammiraglio Biancherì. Questi, come vedremo, dopo la morte di Bergamini, avanzo all’ammiraglio Oliva - che aveva assunto per anzianità di grado il Comando della flotta - la proposta di rientrare a La Spezia e di sabotarvi le navi. La stessa proposta Biancheri ripropose al momento in cui la Forza Navale da Battaglia si apprestava ad entrare nel porto di Malta; ma in entrambe le occasioni la risposta di Oliva, che si avvalse anche del parere contrario dell’ammiraglio Accorretti, sarebbe stata quella di attenersi agli ordini che venivano da Sua Maesta.
(255) AUSMM, "Comando 7^ Divisione Navale - Rapporto di navigazione in guerra 9, 10, 11 settembre 1943", fondo Comandi Navali Complessi, b. 16, f. 2.
(256) Ibidem.
(257) Ibidem.
(258) AUSMM, fondo Periodo postbellico dopo l’8 settembre, b. 3; e fondo Archivio Seg., Titolo E, Collezione F.
(259) AUSMM, "Comando 8^ Divisione Navale - Rapporto di navigazione in guerra n. 542, fondo Comandi Navali Complessi.
(260) AUSMM, "Comando 7^ Divisione Navale - Rapporto di navigazione in guerra 9, 10, 11 settembre 1943", fondo Comandi Navali Complessi, b. 16, f. 2.
(261) Ibidem.
(262) Sulla mancata diramazione alla flotta di alcuni cifrati ricevuti sulla Roma da Supermarina con tabelle non in possesso dai Comandi di Divisione, l’ammiraglio Oliva è stato alquanto polemico, ed ebbe anche il sospetto, rimastogli dalla partenza da La Spezia fino al momento dell’affondamento della Roma, che l’ammiraglio Bergamini intendesse auto-affondare le navi. Alla stessa conclusione era arrivato anche il capitano di vascello Nicola Bedeschi al quale - come sostiene lo storico Attilio Tamaro - lo stesso Bergamini aveva confidato: "Intendo portare la flotta in un ancoraggio italiano o in un altro ancoraggio al di fuori di ogni estranea ingerenza. Non consegnerò le navi al nemico". Tedeschi, comandante del cacciatorpediniere FR. 21 (ex francese Lion) nella notte tra l’8 e il 9 settembre era stato mandato a Genova da Bergamini, per orientare il Comandante della 8^ Divisione, ammiraglio Biancheri, sulle istruzioni comunicate precedentemente per telefono dal Comandante delle Forze Navali da Battaglia.
(263) Alle 19.00 del 9 settembre, le proporzioni del disastro che si stava verificando nel paese per la pronta reazione tedesca, disastro che e che era senza precedenti nella storia italiana e forse anche in quella mondiale, dal momento che in poche ore si sbandò un Esercito di circa 3.000.000 di uomini, apparvero in tutta la loro gravità. A quell’ora fu infatti trasmesso all’incrociatore Scipione, che lo ricevette alle 20.00, un breve riassunto da portare alla conoscenza delle Alte Autorità da prelevare a Pescara: " Ore 1700 FF.NN. in lat. 41°17’, long. 08°22’ dirette a Bona. ROMA affondata alle 1630. ITALIA colpita non gravemente. V^ Divisione partita da Taranto per Malta alle 1700. Piroscafi VULCANIA e SATURNIA con torpediniera AUDACE, ove si trova S.A.R. verso sud. Risultano parzialmente occupati dai tedeschi: Genova, Livorno, Civitavecchia, La Maddalena, Trieste. Mancano notizie da La Spezia. Conflitti a Bari. Truppe tedesche stanno avanzando su Roma. A Taranto naviglio inglese; preannunciato, non ancora in vista".
(264) AUSMM, fondo Supermarina- Cifrati in arrivo, 1-11/9/1943
(265) Ibidem.
(266) AUSMM, De Courten, Memoriale, b 1, relazione del capitano di vascello Aldo Rossi, "La Marina durante la crisi dal 25 luglio al 12 settembre".
(267) AUSMM, "Comando IX Divisione Navale - Intercettati", fondo Comandi Navali Complessi, b. 36.
(268) AUSMM, Stato Maggiore Regia Marina - Reparto M.D.S. - Ufficio Telecomunicazioni, "Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8 settembre 1943 alle ore 24.00 del giorno 13 settembre 1943", Volume II,; De Courten - Memoriale, b. 2.
(269) "Comando 7^ Divisione Navale - Rapporto di navigazione in guerra 9, 10, 11 settembre 1943", fondo Comandi Navali Complessi, b. 16, f. 2.
(270) AUSMM, "Comando IX Divisione Navale - Intercettati", fondo Comandi Navali Complessi, b. 36.
(271) Ibidem.
(272) AUSMM, De Courten - Memoriale, b. 2.
(273) AUSMM, Stato Maggiore Regia Marina - Reparto M.D.S. - Ufficio Telecomunicazioni, "Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8 settembre 1943 alle ore 24.00 del giorno 13 settembre 1943", Volume II.. Vedi anche AUSMM, Carteggio ammiraglio Oliva, VII Divisione Navale, fondo Comandi Navali Complessi, b. 16, f. 2.
(274) Ibidem.
(275) Ibidem.
(276) AUSMM, Carteggio ammiraglio Oliva, VII Divisione Navale, fondo Comandi Navali Complessi, b. 16, f. 2.
(277) Ibidem.
(278) Elenco cronologico dei messaggi trasmessi dalle ore 12.00 dell’8-9-943 alle ore 24 del giorno 13-9-943.
(279) S.W. Roskill, The War ar Sea, Volume III, Parte I, The offensive, H.M.S.O., 1960, p. 168 sg.
(280) S.E. Morison, Sicily, Salerno, Anzio, Vol IX, cit., p. 242..
(281) E’ bene ricordare che per gli Alleatii l’Italia era considerata una nazione vinta che, per riscattarsi doveva trovare il modo "di guadagnarsi il biglietto di ritorno". Era questo un argomento sul quale il Primo Ministro britannico si mostrava inflessibile, tanto che il 9 settembre 1943, scrivendo a Roosevelt, di contare sulla "conversione dell’Italia in una forza attiva contro la Germania, aveva specificato: "Sebbene non possiamo riconoscere l’Italia come alleata nel pieno senso della parola, siamo stati concordi nel permetterle di pagarsi il biglietto lavorando, e che questo utile servizio contro il nemico verrà non solo aiutato, ma ricompensato. Ciò non fu permesso perché, purtroppo, l’8 settembre le Forze Armate italiane, disintegrandosi letteralmente, non fornirono agli Alleati l’aiuto richiesto. La speranza nutrita dal generale Eisenhower di un possibile urgente intervento dell’Esercito italiano contro i tedeschi non si concretò per l’inatteso sbandamento verificatosi nelle Forze Armate del Regno subito dopo la dichiarazione dell’armistizio. Il Comandante in Capo Alleato espresse allora tutto il suo malumore in una lettera del 13 settembre, inviata al generale Gorge C. Marsshall, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito statunitense, sostenendo: "Gli italiani sono stati così deboli che abbiamo avuto poco o nessun pratico aiuto da loro … non vi è stato nulla nell’effetto prodotto che somigliasse a quanto era nel regno delle possibilità". Cfr. AUSE, fondo Generale Castellano, b. 2238.
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Tratto da:
Francesco MATTESINI
Roma, 13 Settembre 2007
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